Vergüenza de fracaso!

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A razón de "Profe, y esto para qué sirve?"

"Lo prometido es deuda"

 

Yo creo que la solución es bastante sencilla. Cualquiera de las respuestas del tipo "Porque entra en el examen", no es que sea inválida, sino que simplemente es mediocre. Y si ya se comienza desde lo mediocre... Cómo podemos pedir algo diferente a los alumnos? Todos los conocimientos han tenido un porqué, una historia y un razonamiento lógico que han conducido a ellos de los que el profesor debe ser consciente. Y su obligación es transmitirlo. Si no, simplemente nos bastarían los libros. Se ha de trabajar en la respuesta, ha de ser el mayor reto del profesor; y la razón es clara, y es que, sin la pregunta, el profesor no existe. Si bien  el reto de muchos profesores es intentar saber cómo motivar a los alumnos, yo personalmente me inclino a pensar que  la motivaciñon pueda ser el producto (entre otros) de querer saber cada vez más respuestas. Y si el profesor disfruta respondiendo, será más posible que el alumno disfrute preguntando. Datos históricos, anécdotas de cómo se hizo, seguramente ayuden. Y dar la respuesta correcta, en cualquier caso.

Posted by The_One on Sáb, 2013-01-05 02:51
HAY DOS ESCUELAS: UNA RESPONDE AL ALUMNO Y OTRA LE INQUIETA

¿Cuál te parece la mejor? Porque para responder ya están Google y Wikipedia. Pero ¿quién suscitará las preguntas? ¿Quién levantará las liebres?

Desde luego que, si los profes no se toman en serio los interrogantes de sus alumnos, no saben nada de su oficio. Porque los buenos alumnos hasta saben cumplir con lo prometido.

Posted by admin.milani on Sáb, 2013-01-05 20:12
A razón de "HAY DOS ESCUELAS: UNA RESPONDE AL ALUMNO Y OTRA ..."

No estoy seguro de haber comprendido la pregunta (soy alumno)

Supongo que, quien suscite la pregunta será el propio interés del alumno por la misma. Pero sin interés, no va a haber pregunta. Cual es la solución? Hacer la escuela atractiva  para los chicos, porque lo que yo he notado durante todos estos años es que la escuela no trata de atraer, y es gracioso porque la mayoría después dirán  que ojalá hubiesen estudiado. Porque parece cierto que la frase de "Estudia para el día de mañana" ahora mismo no despierta a nadie. Si nos damos cuenta, y preguntamos a los alumnos por gente que haya triunfado trabajando, quizá no sepan responder. Pero si les preguntamos "Conoces a alguien sin estudios que haya triunfado?" Pues tenemos a Cristiano Ronaldo, a Paco el Pocero, cantantes...  Y es que tristemente, lo que los niños ven desde pequeños es que gente que no sabe hacer la O con un canuto trabaja media hora y gana miles de euros por ello. 

 

 

Posted by The_One on Mar, 2013-01-08 00:30
ESTUDIAR para VIVIR LA VIDA, no para ganar dinero

Si el interés por los asuntos y los temas de la vida es cosa de cada alumno y se tiene o no se tiene... estamos ante el peor racismo (seguro que los hijos de los ricos ya tienen más intereses cuando nacen, ¿no?). Y, luego, si para suscitar nuevos intereses en los "matriculados" (que no es lo mismo que los estudiantes), la escuela no les sabe decir más que eso de "para el día de mañana", es un asco de escuela vendida a esta sociedad del mercadeo. Pero queda otra salida: "inquietar" a los chicos (y no sólo a niños y jóvenes) ante las maravillas, enigmas, injusticias y problemas de la vida. Es el viejo camino de Sócrates y, más cerca, de Paulo Freire y de Lorenzo Milani. Si la cosa fuera tan simple como ganar dinero... hasta las máquinas saben hacerlo. Vivir la vida humana es lo interesante.

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Posted by corzo on Sáb, 2013-01-12 17:33
DESDE Estados Unidos

 Nos envían un recorte de prensa desde Miami - en español - con datos sobre el fracaso escolar y con el número de graduados que requieren después "cursos remediales" para acceder a estudios superiores...

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Posted by corzo on Dom, 2012-12-02 18:31
La cátedra Calasanz de Salamanca contra el fracaso

 Se ha celebrado el pasado 27 de noviembre de 2012 en la Universidad Pontificia de Salamanca.

Titulada Contra el fracaso escolar y con la asistencia de mucha gente, era la 32ª edición de esta cátedra extraordinaria.

Brillante y profunda la 1ª ponencia de Mariano Fernández Anguita; seguida del director general de Política Educativa Escolar de Castilla y León, Fernando Sánchez Pascuala. Por la tarde, una iniciativa anti-fracaso en el Camerún, a cargo de Jean de Dieu Tagne y los remedios de Carta a una maestra, a cargo de Tomás Santiago.

La revista Educar(NOS) estuvo presente entre los estudiantes asistentes al acto.

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Posted by Juan Sintierra on Jue, 2012-11-29 17:52
El diario italiano il manifesto se hace eco de fracaso escolar

 il manifesto pagina 9

MERCOLEDÌ 21 NOVEMBRE 2012
 
L’abbandono scolastico è uno degli indicatori più significativi della disparità sociale
La crisi della scuola iberica
Giuseppe Grosso. Madrid
 
Gli aspetti economico-finanziari della crisi spagnola hanno ormai pochi misteri. Ma la fotografia del disastro iberico non può riuscire nitida se non si mette a fuoco anche il suo aspetto sociale, persino più preoccupante di quello economico.
Il paese vive una crisi totale. Anche in senso etimologico: è, cioè, alle prese con una progressiva «separazione» tra le classi sociali che sta facendo soffiare sulla penisola sinistri venti di diseguaglianza e classismo.
Lo dice l’indice di distribuzione della ricchezza (il coefficiente Gini), che colloca la Spagna tra i tre paesi Ue con il più alto divario sociale.
E lo conferma il rapporto tra le entrate del 20% della popolazione più ricca e quelle del 20% della popolazione più povera che fa registrare un valore pari al 7,5 a fronte di una media continentale che si arresta al 5,7 (fonte Eurostat). Ma, al di là degli indicatori economici, c’è un dato che rende bene questa crescente disparità sociale: quello relativo all’abbandono scolastico, la faccia nascosta del deterioramento della società spagnola e del problema della disoccupazione.
Certo, la questione educativa non è la sola causa della piaga della disoccupazione. Ma non c’è dubbio che uno dei mucchietti di polvere nascosti sotto il tappeto del tracollo spagnolo sia il fallimento del suo sistema scolastico. Il famigerato dato del 25% di disoccupati (il 50% tra i più giovani), va a braccetto con quel 30% di alunni che smettono di studiare senza aver conseguito
un titolo superiore. E non c’è bisogno di dire che - in un mercato del lavoro che riempie i call center di laureati – questi ragazzi si alzano dai banchi di scuola solo per andare a infoltire la schiera di chi non trova un impiego (che saranno 6 milioni entro i prossimi due anni, secondo le previsioni della commissione europea).
Sono i «ni-ni», come li chiamano qui: ni estudios ni trabajo (né lavoro né studi). Sfornati in serie da un sistema scolastico afflitto da una patologia cronica e trascurata, che ha ridotto le aule del paese a un colabrodo che lascia cadere nel vuoto, in media, 3 alunni ogni 10 che si iscrivono alla Eso (Educación segundaria obligatoria, il primo ciclo di studi superiori obbligatorio fino a 16 anni). Con alcune significative differenze tra le varie regioni. A Ceuta salgono ad un impressionante 4,5. In Andalusia sono 3,2; La Comunidad de Madrid fa registrare un mediocre 2,5. L’eccellenza è dei Paesi baschi con 1,6. Sarà una coincidenza, ma i dati sull’ abbandono sono inversamente proporzionali alla ricchezza delle regioni, e decrescono – tutto il mondo è paese - muovendosi da sud verso nord.
E invece non è una coincidenza – ci conferma padre José Luis Corzo, professore di teologia dell’educazione all’Universidad pontificia de Salamanca di Madrid, un avanguardista della «dissidenza» cattolica nel campo dell’ educazione, impegnato da più di 40 anni a favore dell’ideale milaniano di scuola per gli ultimi.
«L’insuccesso scolastico – spiega – si pasce dei figli dei poveri ed è una malcelata forma di classismo. La giovane democrazia spagnola è stata esposta all’improvviso all’ebbrezza del neoliberismo che ha creato un’effimera uguaglianza sociale fatta di quartieri di villette a schiera con piscina. Ma la crisi ha sollevato il velo e ha scoperto le disparità culturali ereditate dall’ educazione franchista». Ovvero un’ educazione per ricchi che la scuola pubblica ha poi inconsapevolmente metabolizzato e riproposto in nuove forme accettate passivamente, quando non fomentate da governi come quello in carica.
Abbiamo incontrato padre Corzo in una piovosa giornata madrilena. Nato nel 1943, si è da sempre dedicato alla pedagogia e all’insegnamento. In questa sua seconda vocazione esistono un prima e un dopo scanditi da un episodio avvenuto in Italia nei primi anni del suo sacerdozio.
«Quando ero a Roma, lavoravo nel quartiere popolare dell’Acquedotto Felice, nella scuola 725 di Don Sardelli. Avevo a che fare con ragazzi difficili e mi ero imposto di essere selettivo – racconta. - Mi cacciarono quando se ne accorsero, dandomi una copia di Lettera a una professoressa. Passai tutta la notte a leggerlo e fu una folgorazione: capii perché sbagliavo e molte altre cose sulla pedagogia e sulla vita». Da allora Padre Corzo è diventato uno studioso di DonMilani (per i tipi di La Scuola ha curato recentemente Don Milani, la parola agli ultimi, 2012), tanto che nel ‘71, di ritorno in Spagna, costituì il movimento Educadores milanianos, fondò un istituto agrario intitolato a Lorenzo Milani e la casa-scuola Santiago per i ragazzi di campagna respinti dagli istituti pubblici.
Un sacerdote illuminato, padre Corzo. Criticamente cosciente del fatto che alcuni dei problemi dell’attuale scuola pubblica spagnola nascono proprio nel seno della docenza cattolica e sono legati all’intreccio tra franchismo, miseria e religione.
«Durante la dittatura solo i religiosi avevano le capacità e le strutture per poter dedicarsi all’insegnamento; e non tardarono a farne un mestiere». Lì sta l’origine della dicotomia (persistente nell’immaginario, come, in parte, nella realtà) tra l’efficienza della scuola cattolica e l’inadeguatezza di quella pubblica, effettivamente relegata in uno stato di semiabbandono fino al governo socialista di Felipe González dell’82.
Il Psoe venne così a destabilizzare un regime di semi-monopolio educativo, di cui la Chiesa beneficiava sia sul piano economico, sia, soprattutto, su quello del consolidamento del potere istituzionale esercitato mediante il proselitismo scolastico.
«Eppure il Vangelo non dice che la Chiesa debba crearsi un regno nel regno. Il proselitismo è dannoso per l’educazione, ma i vescovi sono rimasti fermi all’idea di stato nazional-cattolico - spiega Corzo – La Chiesa di oggi dovrebbe invece difendere la scuola pubblica, per una questione di giustizia, per tenere fede all’ideale cattolico di uguaglianza».
Invece i vescovi hanno finora assistito in silenzio all’opera di demolizione della scuola statale attuata dall’attuale ministro della pubblica istruzione José Ignacio Wert. Il piano di tagli prevede un «ritocco» di 4 miliardi ai fondi per l’educazione statale, cha avrà tra l’altro un’odiosa ricaduta sul numero degli insegnanti di sostegno e sulle attività d’appoggio per gli alunni in difficoltà. La conseguenza è evidente: chi ha i mezzi per supplire alle carenze (vecchie e nuove) del sistema educativo andrà avanti; per gli altri la condanna sociale del fallimento scolastico è in agguato all’uscita dalla classe. Intanto, «mentre la scuola pubblica diventa così un luogo di perpetuazione delle disparità sociali», quella privata prolifera al riparo dai tagli di Wert: nella Comunidad de Madrid il 60% degli istituti non è statale. La media nazionale è del 33% (una percentuale seconda solo a quella del Belgio, col 54%). Di questi la grande maggioranza è concertado, ovvero è privatoma gratuito; e riceve dallo stato i fondi per pagare i docenti, cosa che in Italia è vietata dalla costituzione. E tra i concertados una quota largamente maggioritaria è rappresentata da scuole cattoliche, che controllano così il settore della docenza privata con i denari dello stato laico. Soldi che potrebbero essere dedicati alla scuola pubblica e che invece vengono immessi nel circuito dei concertados per un’ovvia ragione di mutua convenienza: lo Stato non deve farsi carico dei costi delle strutture e le scuole hanno la facoltà di organizzare attività extrascolastiche a pagamento, senza preoccuparsi dello stipendio degli insegnanti.
La conseguenza è che, mentre il privato cresce in numero e risorse, il pubblico soffoca tra classi di 35 alunni e professori demotivati. Siamo agli antipodi dell’ideale egualitario di istruzione democratica. «La ragion d’essere della scuola è la lotta di classe, cioè l’ideale di giustizia sociale. In termini psicopedagogici si direbbe che a scuola si va a prendere coscienza della propria realtà e di quella degli altri». Ma ci sono molti religiosi che la pensano come lei? «Spero di sì, ma temo di no».
 
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Posted by corzo on Sáb, 2012-11-24 13:30
NOS ESCRIBE G. PECORINI desde Italia

(Traducimos la carta autógrafa de este testigo y amigo de la escuela de Barbiana, famoso periodista jubilado)        

Gracias por el bellísimo número de Educar(NOS) che une a nuestros dos países en el fracaso!

Y enhorabuena y sinceros buenos deseos por el cumpleaños del MEM. Mi analfabetismo hispánico me impide disfrutar del todo unos textos tan interesantes, pero en todo caso consigo aferrar el sentido y el valor total.
¡Estupendo y estupendos verdaderamente!   […]
Me parece paricularmente interesante el manifiesto “cristianos en la escuela pública”: es un tema que se hace cada vez más dramático en Italia y me gustaría que aquí se le diera difusión. ¿Vosotros tenéis algún contacto útil?
Yo estoy haciendo alguna hipótesis, que verificaré [contigo] si logro formularla. Y la jerarquía y la política española ¿cómo lo han recibido?
Giorgio Pecorini (periodista amigo de don Milani)
Posted by admin.milani on Dom, 2012-10-21 22:20
Llegan ecos del fracaso

 Llevo varios días deseando decirte que el último número de Educar(NOS), "Vergüenza de fracaso", me ha gustado muchísimo. Me ha gustado mucho por su contenido consistente y reflexivo: lleno de información, de ideas, de denuncias, de sugerencias, Pero, sobre todo me ha gustado porque el número en su conjunto tiene un estilo muy "milaniano". Ese estilo con garra, sin concesiones a lo fácil, a la diplomacia ...

Gracias por Amigos Milani, que hace posible Educar(NOS), a la que espero de un número para otro. Ángel de la Llave (Madrid/UNED)

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Posted by corzo on Jue, 2012-10-11 08:42
FRACASO ESCOLAR, FRACASO DE SOCIEDAD

No deberían buscar las causas del fracaso escolar en el contexto específico de la enseñanza. Abran el foco y vean que estamos en un país donde se puede hablar perfectamente de fracaso familiar, fracaso cultural, fracaso contable, fracaso empresarial, fracaso laboral, fracaso político, fracaso comunicativo. Mientras no sean capaces de reconocer estas realidades, y de investigar el origen de semejante fracaso generalizado (pero ¿a quién le preocupa la verdad, en España?), no verán lo poco extraño de nuestro fracaso escolar. Lo extraño sería que los niños estudiasen y que los profesores enseñasen bien. A. Palacios (Santander)

Posted by admin.milani on Dom, 2012-09-30 17:56
DAS en el CLAVO

 ¡Menudo país tenemos, tras habernos hecho unos "nuevos ricos" en pocos años! Una multitud de fracasados es lo que hay ahora por todas partes. Gracias.

 

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Posted by Juan Sintierra on Dom, 2012-09-30 19:46
El fracaso

 Sobre el tema del fracaso escolar, creo que se puede resolver: centrándonos en que más personas, mediante la imaginación (la cual mira hacia adelante), propongan ideas para que haya más gente con más formación... más allá de la escolar. Creo que este país, y lo digo después de tres años de convivencia con un irlandés de mente abierta (aunque sólo sea durante una hora de inglés a la semana), necesita abrirse más a la formación en casa, a promover la formación cultural de la persona (abrirse a más canales... y a un españolito medio con más conocimiento de lenguas que se hablan en el estado) y a la diversidad cultural de España y del mundo.

 Creo que éso sí va en la línea del MEM. La cuestión es actuar desde la pequeña escala, pues así sentiremos mayor satisfacción, pues no competiremos... ni con nosotros. Además, dejar atrás el mito de la forma y el de la cantidad ("ahora somos más socios"). Para más información, hay un libro muy interesante, a mi parecer: "Liderazgo sin límites" (Ed. Paidós). Rompe muchos esquemas y está adaptado al presente y con una visión de futuro. Lluis Barberà
Posted by admin.milani on Lun, 2012-09-17 20:56
una ALARMA estéril hace 19 años

 La sordera (voluntaria) de los gobiernos españoles ante nuestro gravísimo fracaso escolar viene de lejos, como puede testimoniarlo esa simple columna del 10 de julio de 1993 en la revista Vida Nueva del director de Educar(NOS), que podéis ver en Foros/Asuntos generales de esta misma web: ¿Por qué es invencible el fracaso escolar?.

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Posted by corzo on Lun, 2012-09-17 12:31